Diario da Weimar

Il posto della Grecia

Non ho voluto parlare della Grecia per svariati motivi, dai più personali a quelli di buonsenso che dovrebbero portare ogni italiano di sinistra, o presunta tale, ad interrogarsi, prima di emettere un giudizio sulle scelte dei Greci, sul processo con cui un essere vivente come Renzi possa avere un tale potere all’interno del dibattito riformista in Italia.

Eppure la virulenza con cui le testate si sono scagliate contro il referendum greco porta necessariamente ad esprimere la propria opinione sull’argomento. Poco meno di un elzeviro, ma necessario a collocare se stessi in un luogo, in un “posto”.

“Stai a posto”… questa  frase è esattamente il genere di sciocchezza da scuola elementare che ci tocca ascoltare da maestre ignoranti che hanno tre mesi di ferie l’anno e che basano il proprio lavoro su privilegi donati loro da sindacati oscenamente corporativisti.

“Il posto” è un banco con una sediolina di multistrato schifosa.

Ed una cosa schifosa è leggere, oggi, sul Corriere online un articoletto dal titolo “Oxi o Nai? Se fossi Greco: ecco chi sono gli italiani Per il Si e Per il No”. Andrebbe ripresa la storiella Yiddish dei tre studenti che pongono al rabbi la questione se ci si possa impossessare di un borsello pieno di soldi il giorno di shabbat. Eppure no, tutti dicono la loro, e passi Morricone, ma anche Renzo Arbore, Crepet (proprio quel Crepet!!), Lidia Ravera, Zeffirelli che recita Zeffirelli che recita Albertazzi e, udite! udite! Federico Moccia. Scusa ma ti chiamo “evitodidirlosenomiquerelano”.

In tutti gli interventi si suppone che l’Europa senza la Grecia sarà più ingiusta, e la Grecia senza l’Europa sarà più povera.

Il posto della Grecia è in Europa.

Chiariamo il concetto.

Il posto della Grecia è lì, che confina con la Turchia, la Bulgaria, l’Albania, ecc. Non esiste nessun posto. Non esiste nessuna classe in cui un banco schifoso con una sediolina schifosa è destinato ad una nazione che, per convenzione storica, chiamiamo “Grecia”. L’Europa non è una classe in cui si studia e si cazzeggia.

È l’Europa, al massimo, che deve avere un posto. Deve avere un posto nelle istituzioni al fianco di chiunque approvi un sistema valoriale che, per convenzione storica, chiamiamo Europa e la cui carta fondativa non è stata scritta da un fortunatissimo ministro delle finanze tedesco che un giorno ha incrociato un ragazzo con una pessima mira, ma da tre signori che, in confino in un’isoletta vicino Ponza, scrissero le linee guida di una Europa solidale, seria ed indipendente.

L’idea europeista era quindi un’idea di valori, e non di convenzioni; aprire a popoli che dei valori europei non sanno che farsene (ma davvero qualcuno pensa che, dopo il grande contributo che hanno dato alla Comunità Estonia, Polonia, Lettonia, Lituania e Ungheria, si possa aprire anche alla pur ottima Ucraina?) ha regalato sicuramente alla germania tanti mercati e soprattutto tanti bancomat, ma ha annullato un cinquantennio di rapporti basati sul rispetto reciproco e sulla solidarietà. In cambio ha creato una società di persone terrorizzate, che ritornano nel vortice del nazionalsocialismo e della malattia mentale, unite solo da valori che, calcolando la qualità della vita in termini di “potere di spesa”, hanno sostituito ad un’idea complessa di convivenza europea una ben più pericolosa diarchia “noi – loro” ad uso degli sciocchi che non leggono la proposizione “i miei interessi in quel paese…”.

Il posto dell’Europa va ridiscusso. Qualcuno regali non tanto al buffo cancelliere, quanto al suo fortunatissimo ministro, una copia in tedesco del Manifesto di Ventotene.

Il posto della Grecia non esiste. Il posto dell’Europa, al massimo, è accanto alla Grecia se si tratta di difendere la propria dignità, anche se è sua la responsabilità di aver malgestito il proprio debito. È accanto alla Francia quando viene attaccata da terroristi interni, anche se è sua la responsabilità di aver malgestito il suo postcolonialismo. È accanto all’Italia quando è immobile a causa della corruzione, anche se è sua la responsabilità di aver malgestito la giustizia. È accanto alla Spagna quando si trova ad affrontare l’immigrazione clandestina, anche se è sua la responsabilità di aver ipocritamente gestito i flussi migratori per decenni. Ed è persino accanto alla Germania, nonostante tutto, nel momento in cui più ridicole sono le sue posizioni ciniche e destrutturanti, anche se è sua responsabilità aver creato un modello di società basato su criteri quantitativi dell’esistenza che alienano sempre di più l’individuo dalla ricerca di desideri universali e ne avversano la loro realizzazione.

Ora prendiamoci con calma la testa fra le mani e ragioniamo sul fatto che, nel momento in cui servirebbero Schuman, Spinelli, Adenauer, Monnet e Brandt, ci tocca osservare il deserto delle Merkel, dei Renzi, dei Grillo-Salvini, degli Junker, dei socialisti tedeschi, sempre pronti a fare la cosa sbagliata (anche se sono talmente inconsistenti che fortunatamente ora si limitano a dire la cosa sbagliata, non potendo fare alcunché) e di ciò che rimane della classe politica francese.

Coraggio amici. Il meglio è passato.

Saluti da Weimar.

M.S.

Lascia un commento